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Gli effetti che il COVID-19 ha causato nel medio-lungo termine con l’aumento delle infezioni, sono diventati sempre più evidenti negli ultimi mesi.
Per definire tali effetti di lungo periodo (Long Covid) è stato coniato il termine «Sindrome post-Covid», la cui durata e persistenza non è inferiore alle 4 settimane.
Le conseguenze per i pazienti non sono da sottovalutare.
Chi è colpito, infatti, vede ridursi drasticamente il proprio benessere psico-fisico, con un impatto negativo sullo svolgimento delle normali attività quotidiane e sul successivo rientro al lavoro, tra cui:
- affaticamento
- mancanza di respiro
- dolori muscolari e articolari
- dolore toracico
- problemi di natura neurologica
(lucidità mentale e capacità di concentrazione) - problemi di natura psicologica
(ansia, depressione, attacchi di panico,…)
I Datori di lavoro e i Dirigenti devono quindi rivedere l’organizzazione del lavoro e prevedere forme concrete di sostegno ai soggetti interessati, non solo a livello contrattuale ma anche e soprattutto sul piano psicologico e/o clinico.
A tal proposito risulta molto utile la recente pubblicazione di due utili guide da parte di EU-OSHA, l’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, rivolte ai Lavoratori e ai Dirigenti, con l’obiettivo di definire le soluzioni migliori per gestire in modo efficace il rientro al lavoro dei soggetti colpiti da Covid-19.
La Linea Guida predisposta da EU-OSHA e rivolta ai Dirigenti suggerisce di adottare una serie di azioni lungo 5 fasi temporali, che partono dal periodo iniziale di assenza del lavoratore durante la malattia, fino al suo rientro e alla gestione delle settimane successive.
Il piano degli interventi è così organizzato:
Fase 1
Rimanere in contatto con il lavoratore mentre è assente dal lavoro.
Fase 2
Preparare il ritorno del lavoratore.
Fase 3
Programmare un colloquio di rientro al lavoro.
Fase 4
Prestare sostegno nei primi giorni successivi al rientro al lavoro.
Fase 5
Prestare un sostegno costante, riesaminando la situazione periodicamente.
Più in concreto, le iniziative che il Datore di Lavoro e i Dirigenti sono chiamati a mettere in campo al fine di supportare al meglio il lavoratore sono:
- Modifica dei tempi di lavoro (inizio, fine e pause).
- Revisione o modifica del lavoro a turni (ad esempio, valutare la possibilità di sospendere i turni di lavoro serali o mattutini e/o il turno notturno).
- Modifica dell’organizzazione del lavoro (rimodulazione dei carichi e ritmi di lavoro, pause regolari e/o aggiuntive, …).
- Rimodulazione temporanea delle funzioni o dei compiti («funzioni modificate»).
- Messa a disposizione di strumenti tecnico-organizzativi di sostegno: supporto psicologico da parte di personale qualificato; congedi per le visite mediche; lavoro in team con altri colleghi; concessione smart working (quando possibile).
- Effettuazione di verifiche regolari per controllare la variabilità e durabilità dei sintomi.
E’ fondamentale il contributo del Medico Competente in merito all’intero processo di gestione del rientro al lavoro e quanto i servizi di promozione della salute possano rivelarsi cruciali nell’assicurare al lavoratore il recupero di un ottimale benessere psico-fisico.
In particolare, per quanto riguarda:
- Istituzione di un’attività di sorveglianza sanitaria per valutare l’idoneità lavorativa post Covid, la necessità di eventuali limitazioni o prescrizioni.
- Supporto specialistico ai Dirigenti nell’affrontare i casi di «Sindrome post-Covid» e organizzare una ripresa graduale del lavoro.
- Effettuazione di valutazioni individuali ed elaborazione di un Piano personalizzato di ripresa e riabilitazione.
In particolare, il Medico Competente deve fornire il proprio supporto al Datore di Lavoro e al Dirigente nel valutare la compatibilità delle condizioni psico-fisiche del lavoratore, in relazione ai compiti che è chiamato a svolgere:
Ciascun individuo e lavoratore ha bisogno di un diverso livello di supporto, che deve necessariamente tener conto della natura dei sintomi e della durata, del ruolo e della mansione svolta, del contesto e dell’ambiente di lavoro, oltre alle eventuali situazioni personali.
Affinché una soluzione sia efficace è necessario, dunque, che sia tarata sugli specifici bisogni del singolo professionista e che, al tempo stesso, sia in grado di valutare le possibili ripercussioni sull’intero gruppo di lavoro.
L’assenza o la ridotta capacità lavorativa di un certo numero di professionisti può, infatti, costituire un fattore di pressione sugli altri lavoratori e, di conseguenza, sulla stessa continuità aziendale.
Nel definire i protocolli di tutela generali e nell’individuare delle soluzioni per gli specifici casi, è fondamentale la collaborazione tra le diverse Funzioni dirigenziali (dalle Risorse Umane all’Operation) e con i lavoratori, gli RLS, il medico competente, i manager HSE.
Un altro elemento fondamentale è la Comunicazione. Occorre rivedere i flussi comunicativi aziendali tra le diverse Funzioni e i relativi strumenti, in modo da individuare le eventuali aree di miglioramento e valutare le necessarie opportunità di sviluppo e/o integrazione.
Il terzo elemento da definire è il tipo di informazione da condividere internamente con i colleghi ed esternamente con i Clienti/Fornitori, nel rispetto della riservatezza.
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